um Joseph Anton Koch

L’opera di Joseph Anton Koch

Passando ad una rassegna tipologica delle opere di Koch e della loro attuale collocazione, possiamo premettere che la sua arte si è espressa nel disegno e nella pittura.

Paesaggio del Berner Oberland, Joseph Anton Koch

Paesaggio del Berner Oberland, Joseph Anton Koch

I disegni sono innumerevoli, sia quelli fine a se stessi, sia quelli preparatori dei quadri ad olio. I primi riflettono in un primo periodo il suo interesse per episodi della bibbia e della mitologia e la sua passione per la Divina Commedia di Dante Alighieri. Questa produzione sul piano stilistico segue i canoni neoclassici del suo maestro e amico tedesco-romano, Carstens, e rispecchia i suoi studi dell’opera di Michelangelo, soprattutto nel trattamento della figura umana e del nudo. La sua curiosità per l’ambiente nel quale viveva ci è rivelata da molti album di schizzi, nei quali sono riprodotti piccoli dettagli della natura, animali e personaggi da lui incontrati, soprattutto a Olevano Romano. Ma, a parte questi schizzi e i ritratti ad olio del padre e della moglie, Koch non ha coltivato l’arte del ritratto.

I disegni preparatori dei quadri ad olio consistono generalmente in una minuziosa composizione del soggetto su base reticolata. Ma alcuni importanti disegni di vedute alpine del tempo dei suoi vagabondaggi in Svizzera, da lui trasformati più tardi a Roma in quadri ad olio, non erano di preparazione a questi; perché Koch ha cominciato solo nel 1803 a dipingere ad olio. Koch si è anche cimentato nell’incisione su rame, eseguendo alcune vedute di Roma e della campagna romana, che hanno un interessante valore di testimonianza del paesaggio del suo tempo. Abbiamo di lui anche un’esperienza di pittura a fresco, con le scene dell’Inferno e del Purgatorio di Dante in una stanza del Casino del Principe Massimo al Laterano. Ma il meglio della produzione di Koch sta nei suoi quadri ad olio, soprattutto quelli ispirati ai panorami del Lazio, nei quali si identifica la sua scuola, da lui stesso definita del “paesaggio eroico”, le cui principali caratteristiche consistono in: un contenuto già romantico dentro uno schema neo-classico, la ricerca dell’ armonia dell’ uomo con la natura, la nostalgia di una mitica età dell’oro, la presenza della luminosità mediterranea.

Le sue opere più importanti si trovano oggi nelle principali pinacoteche dell’ Europa centrale, fra cui: Il Kunstmuseum di Basilea, la Gemäldegalerie di Berlino, la pinacoteca di Dresda, il Ferdinandeum di Innsbruck, il museo Thorwaldsen di Kopenhagen, la Staatsgalerie di Stuttgart. Particolarmente ricca di quadri di Koch è la Neue Pinakothek di Monaco di Baviera. Non va dimenticato che uno dei suoi protettori era il Principe e poi re Ludwig I, che ha portato a Monaco il dipinto forse più rappresentativo dell’arte di Koch: Il paesaggio eroico con arcobaleno

L’arte di Joseph Anton Koch – Commento del Prof. Domenico Riccardi

Paesaggio storico con arcobaleno - Joseph Anton Koch

Paesaggio storico con arcobaleno – Joseph Anton Koch

Koch è stata una personalità eclettica che ha creato opere che all’inizio si situano nel filone della tradizione figurativa neoclassica di un Asmus Jacob Carstens e subito dopo nel rigoglioso filone del paesaggio ideale classico i cui più significativi rappresentanti erano stati Adam Elsheimer, Nicolas Poussin, Claude Lorrain, Annibale Caracci. Insieme ai suoi amici Johann Christian Reinhart e Johann Martin von Rohden, Koch costituirà la triade neoclassica tedesca a Roma con un interesse che abbraccia anche la pittura di storia e soggetti mitologici tout court in sintonia con l’altro amico svevo Gottlieb Schick. Successivamente, ed ancor prima dell’ arrivo dei giovani “secessionisti” dell’ Accademia di Vienna a Roma (1810) – dove passeranno alla storia con l’ epiteto di Nazareni – il suo sentire si indirizza verso temi religiosi che tuttavia assumeranno raramente una centralità nell’opera essendo l’ interesse per il paesaggio prevalente in Koch. Perciò non si può etichettare Koch come “nazareno” – come qualcuno un po’ frettolosamente ha fatto – proprio per il valore che il paesaggio ha nella sua poetica, contrariamente alla ideologia nazarena.(…) Impediva a Koch di essere uno di loro non soltanto l’interesse predominante per il paesaggio ma anche la sua natura libertaria e la sua cultura antidogmatica.

Con le nuove idee romantiche del primo decennio dell’ 800 Koch si familiarizzò soprattutto durante il suo soggiorno viennese (1812-1815) dove frequentò la casa dei fratelli August e Friedrich Schlegel. Essi rafforzarono in lui la sua opposizione contro l’usurpatore còrso della rivoluzione francese e il desiderio di una nazione tedesca unita (patria felice delle arti) senza riuscire a fargli cambiare il suo ideale artistico. Tuttavia le nuove idee estetiche romantiche – rivoluzionarie per il fatto di proporre l’assoluta libertà dell’artista da legami di qualsiasi natura, in opposizione alla estetica tradizionale che vedeva nella mimesi della natura i fondamenti dell’ arte, le quali da Jena si diffusero nell’ Europa intera, non lasciarono del tutto insensibile Koch. Egli infatti ammette – sebbene resti il meno letterato dei pittori di paesaggio – che

il paesaggio come tale può spesso esistere anche come dipinto poetico se gli esseri viventi in esso assumono un ruolo subalterno, da restare il paesaggio la cosa principale; le figure tuttavia gli conferiscono l’ idea ed il significato, creando un idillio poetico-pittorico.

Questo dialogo tra figure e paesaggio, questa unità organica tra uomo e natura è la conquista di Koch nella pittura di paesaggio. Nella sua ricca produzione sia il “paesaggio in sé” nel suo carattere individuale-naturalistico, sia il paesaggio “ridotto” e “simmetrizzato” nel suo carattere ipostatico costituiscono il fine della sua arte. In essa si rispecchia la grandezza della natura e i fatti umani nel loro carattere di archetipi: “paesaggi eroici” secondo la stessa espressione di Koch.

Il paesaggio dell’ideale classico di matrice secentesca era considerato ancora subalterno all’ idea centrale dell’opera, era troppo scenario, quindi, per l’azione quasi teatrale che vi si svolgeva: esso perdeva necessariamente il suo carattere individuale anche se nella composizione si poteva riscontrare talvolta qualche raro elemento di individualità naturalistica. Koch non rigetta la tradizione, anzi se ne impossessa e porta avanti la sua riflessione e ricerca dei nuovi mezzi espressivi arrivando appunto ad una nuova fase del paesaggio eroico ed al paesaggio poetico di natura laziale.

La sua arte è considerata oggi una tappa di primaria importanza nella pittura tedesca di paesaggio dell’800 che ha influenzato molti giovani talenti che a Roma hanno seguito i suoi insegnamenti nel suo atelier.

Koch è considerato, quindi, l’esponente maggiore di quel Romanticismo pittorico tedesco, a base classicista, dai vari aspetti e per nulla equivoco nello stile, che si realizza nel primo terzo dell’800 nell’ambiente stimolante di Roma. Egli è l’antipode del più nordico, oscuro, Caspar David Friedrich (1774-1840) a sua volta il più importante esponente di quella corrente nordica del Romanticismo tedesco i cui rappresentanti (Runge, Kersting, Dahl) non furono mai in Italia. C. D. Friedrich è nelle sue opere più soggettivo, simbolico, geroglifico, religioso-intimistico: le sue opere parlano di una “Sehnsucht” metafisica. Koch si muove nell’al di qua, in lui c’è l’unità organica tra uomo e natura reale: situazioni di carattere umano primordiale si svolgono nei suoi paesaggi oppure idee religiose o poetiche si ritrovano nei suoi dipinti e nei grandi disegni a seppia. Il suo esempio ha fatto scuola ed è stato più importante di quello di C. D. Friedrich che non ha avuto una scuola, proprio per l’accentuata soggettività della sua arte.

Le fasi della creazione artistica di Koch non si sono certo sviluppate secondo la linearità dello schema qui sopra esposto: Koch alternava i suoi metodi di sentire e creare, era contrario ad ogni “settorializzazione” ed infine non era del tutto insensibile alle commesse che riceveva.

(Prof. Domenico Riccardi, “Spoletium”, Dic. 1988, Rivista di Arte, Storia e Cultura, Accademia Spoletina, pag. 26)